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 - SOGNO -

 

26 anni e una notte senza Luna.

Vago per un vicolo strano. Case piccole, piccolissime. Ognuna con un proprio colore. Ma è buio, non li vedo, posso solo immaginare quei colori.

Che strano posto!

Un tempo residenza di alchimisti, un tempo dormitorio per artisti venuti da dove chissà e chissà perché.

Forse per quell’ammasso di tetti arancioni aldilà delle mura, o per quel ponte scuro, imponente ed austero sopra la Moldava.

Carlo, lo chiamano.

Carlo chi?

Carlo IV !

Visse? Morì? – mi chiedi passeggiando.

Grande sovrano, dicono.

Respiro questa strana atmosfera nel silenzio che mi accompagna. Rumore di passi, i miei, che mi fa compagnia. Piccole luci di lampioni quasi spenti mi illudono di non essere sola, forse.

Maghi dalle strane vesti intenti a trasformare piombo in oro, come Mida moderni.

Maghi dai cappelli fiabeschi…Merlino?!

Che ci fai qui? Non è il tuo posto! Non il tuo tempo!

Come? Hai lasciato Broceliande per il vicolo? Il re per altri re?

Morgana. Nella casa azzurra, la più evidente, la più chiara in una notte senza luna, legge gli occhi ai viandanti, mostra loro la strada di ciottoli che seguiranno.

Rami mossi dal vento.

 

“Voi che venite per non andarvene lascerete una parola su un foglio bianco, l’appenderete a quell’albero affidandola all’aria. Spererete che possa sentirla chi è lontano, Vorrete che vi preceda su quella via che non sapete, che non ricordate, per dare a colei che aspetta un segno della vostra ancora esistenza.”

 

Silenzio.

Rumori lontani, di pozioni che bollono, alambicchi che sfiatano, fumi, fuochi.

Rumori lontani, che non sono più.

 

Presenze.

Maghi che ordinano, apprendisti che corrono, pittori che mischiano su  tavolozze vuote.

Chimere, che non sono più.

 

Proseguo per quel vicolo, tra torri e campanili, cannoni e campane.

Troppo lucida la via, levigata da molti passi. Strada di una città slava, bombardata e ricostruita; città dai due nomi.

Anche lì tetti arancio si stagliano verso cieli plumbei.

Cieli del Nord, cieli bretoni su oceani arrabbiati. In bilico su un promontorio d’erba scavato ai fianchi, tra urla di gabbiani e grida di venti su prati d’erica.

Oltre, niente: estremo lembo di continente.

Piccolo Nano! Funambolo tra alte fronde, strumenti musicali del vento leggero.

Sorgenti magiche, fontane mitiche, maghi, pazzi e alchimisti.

Ma non eri nel vicolo? L’hai lasciato per Broceliande?

Torno alla leggenda.

L’oro per questa foresta di miti?

No, il piombo per il Re.

 

Morgana è là, nella casa azzurra; sola, distinguibile nella notte senza luna. Aspetta i suoi viandanti, carpirà loro segreti e passioni, spierà le loro croci. Camminerà con loro sulla riva del mare senza lasciare traccia. Li appenderà ad un ramo infine, aspettando che sia giorno.

 

( Vana l’attesa della loro esistenza. )

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